Rischi naturali, Italia fragile ed esposta
Written by redazione
Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) è chiaro e non lascia spazio ad altre interpretazioni, l’Italia è troppo fragile per quanto riguarda i rischi naturali:
“Nel nostro Paese mancano la cultura della prevenzione e le risorse per creare cittadini più consapevoli e questo a tutti i livelli: bisogna partire dalle campagne informative già nelle scuole. In tema di rischio la memoria è fondamentale, perché gli eventi accaduti in passato prima o poi accadranno di nuovo. Dobbiamo essere coscienti della ciclicità della natura.
L’attuale crisi climatica non potrà che intensificare gli eventi estremi – ha ricordato il presidente dell’Ingv – e renderli sempre più frequenti”.
Frane e alluvioni rappresentano fattori di rischio idrogeologico per il 91% dei comuni italiani
L’ultimo rapporto dell’ISPRA sui dati del dissesto idrogeologico in Italia racconta una realtà tutt’altro che rassicurante: è a rischio il 91% dei comuni italiani, oltre 3 milioni di famiglie e circa un sesto della popolazione nazionale. 50 mila chilometri quadrati di suolo nel nostro Paese sono ad alto rischio frane e alluvioni e circa il 13% degli edifici sorge su aree a pericolosità idrogeologica elevata o molto elevata.
Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia sono le regioni più esposte al rischio di frane e alluvioni, ma le cose non vanno meglio in Campania, Valle d’Aosta, Veneto, Abruzzo, Calabria, Basilicata, Marche, Sardegna e Trentino.
A guardare bene, la mappa dei comuni interessati direttamente o indirettamente dal dissesto idrogeologico copre il 91% del totale. Oltre le comunità, le industrie e i servizi, anche il Patrimonio CulturaleItaliano è in pericolo. Le ultime stime parlano di 38 mila opere e beniubicati in aree a medio-alta pericolosità erosiva o franosa ai quali si aggiungono i 40 mila monumenti in zone a rischio inondazione.
“è a rischio il 91% dei comuni italiani, oltre 3 milioni di famiglie e circa un sesto della popolazione nazionale”.
Cambiamenti climatici, abusivismo edilizio, errori di piantumazione sono i principali responsabili di questo disastro. E poi c’è l’urbanizzazione e la cementificazione selvaggia che ha comportato negli anni una profonda compromissione della copertura vegetale sul territorio nazionale. A tutto ciò si aggiungano altri fattori di rischio artificiali che aggravano o attivano i fenomeni alluvionali ed erosivi, quali:
- opere idrauliche sbagliate
- disboscamento di interi versanti
- argini mal realizzati
- briglie, invasi, dighe e ponti che “tagliano” i versanti
- prelievi massicci di sabbia e ghiaie dagli alvei dei fiumi
- impermeabilizzazione del suolo
- abbandono dei terrazzamenti agricoli
- utilizzo di monocolture intensive
Poi ci sono i fattori naturali, ovvero la predisposizione della Penisola al rischio idrogeologico. Il nostro è un territorio fragile per le caratteristiche geologiche, morfologiche e idrografiche. Un paese geomorfologicamente giovane e instabile, ricco di rocce friabili e impermeabili che favoriscono lo scivolamento in superficie dell’acqua piovana e un clima che alterna lunghi periodi di siccità a momenti di precipitazioni intense e concentrate in brevi archi temporali.
In questo scenario un’alluvione – che di per sé rappresenta un fenomeno naturale non necessariamente pericoloso – diventa facilmente una minaccia concreta. Frane e allagamenti si sommano all’azione sconsiderata dell’uomo e a politiche di cattiva gestione del territorio che negli anni hanno aggravato un quadro già molto complesso.
Intervenire dopo che certi fenomeni hanno già espresso il loro potenziale distruttivo, serve a ben poco. Per contrastare il rischio di dissesto idrogeologico occorrono interventi preventivi adeguati e una profonda consapevolezza del pericolo contro cui istituzioni e cittadini devono combattere. Così come per mitigare la pericolosità di tali eventi l’unica strada è rimuoverne le cause artificiali e naturali alla base.
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