Ponte di Tacoma Narrows - Ingegneria della Resilienza

Ponte di Tacoma Narrows – Ingegneria della Resilienza

Resilienza, alcune definizioni

Resilience Engineering, Resilienza

Ingegneria della resilienza, Resilience Engineering

Written by redazione

Un termine dai tanti usi, la resilienza nella società moderna

L’accademia della Crusca ci fornisce interessanti informazioni sull’origine e l’uso del termine “resilienza”. Il significato attribuito inizialmente è legato alla “capacità di sostenere gli urti senza spezzarsi”, chiaramente inserito in un contesto tecnico. Negli ultimi anni, sulla spinta di eventi estremi a cui, mercato, ambiente, persone e società sono stati sottoposti, la parola resilienza ha guadagnato, una sorprendente popolarità, tanto improvvisa da favorirne la percezione come di una provenienza inglese. Il termine, in realtà, era già presente nel vocabolario italiano, anche se il suo uso e il suo significato erano da inserire prettamente in contesti tecnici. In fisica con il termine resilienza, si indica la “capacità di un materiale di resistere ad un urto, assorbendo l’energia che può essere rilasciata in misura variabile dopo la deformazione”.

Come molti vocaboli scientifici, resilienza ha un’origine latina: il verbo resilire si forma dall’aggiunta del prefisso re- al verbo salire “saltare, fare balzi, zampillare”, col significato immediato di “saltare indietro, ritornare in fretta, di colpo, rimbalzare, ripercuotersi”, ma anche quello, traslato, di “ritirarsi, restringersi, contrarsi”[1]. Resilientia, resiliens restituiscono dunque inizialmente il senso di un’esperienza quotidiana non specialistica, e si dicono di oggetti che rimbalzano, o, in senso esteso, di chi batte in ritirata o si ritrae d’improvviso. Nel passaggio dal latino all’italiano, i termini hanno mantenuto una forma quasi inalterata (resilientia > resilienza, resiliens > resiliente).

[1] Oxford Latin Dictionary, Fascicle VII, a cura di P. G. W. Glare, Oxford University Press 1980

Nel corso dei secoli e del progredire del pensiero scientifico l’aggettivo resiliens ha indicato sia il rimbalzare di un oggetto, sia alcune caratteristiche interne legate all’elasticità dei corpi, come quella di assorbire l’energia di un urto contraendosi, o di riassumere la forma originaria una volta sottoposto a una deformazione. Entrambe le accezioni di resilientia trovano riscontro, all’inizio del XVIII secolo, nel Lexicon Philosophicum di Stephanus Chauvin: la prima, legata all’esperienza quotidiana; la seconda, più tecnica, legata all’ipotesi di un anonimo “insigne filosofo”.[2]

Da allora il termine è stato applicato in svariati ambiti d’uso.

[2] L’elasticità di resilienza, https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/lelasticità-di-resilienza/928

Nell’immaginario collettivo, la resilienza evoca immagini di rimbalzo dalle avversità. In modo un po’ romantico Hale e Heijer[3] ne parlano come di un pugile che balla coraggiosamente fuori dal suo angolo nonostante le percosse nel round precedente; la vittima del rapimento, come Terry Waite, uscito sorridendo e raccontando razionalmente le sue esperienze, dopo mesi di privazioni come prigioniero di organizzazioni terroristiche; vittima di un grave handicap, come Stephen Hawkins o Christopher Reeve, riuscendo ancora a dare un contributo importante alla società o ad una causa prescelta.

[3] RE Concepts and Precepts, Hollnagel, Woods, Leveson

Se dovessimo applicare questa immagine alle organizzazioni, l’enfasi verrebbe a cadere sulla capacità reale di rispondere ai disastri, come per esempio: un rapido recupero da un incendio disastroso riaprendo la produzione temporaneamente in un altro edificio; ripristinare la fiducia tra gli abitanti dopo un’importante fuga di sostanze chimiche attraverso la piena apertura sulle indagini e il coinvolgimento nelle decisioni sulle migliori misure di prevenzione; o ripristinare l’alimentazione sulla rete dopo una grave interruzione reclutando personale aggiuntivo per lavorare H24.

Resilienza è l’abilità intrinseca di un sistema di adattare il suo funzionamento prima, durante o dopo il verificarsi di cambiamenti, disturbi, in modo da portare avanti le operazioni richieste sia in condizioni attese che impreviste

​Questi esempi colgono alcuni degli elementi essenziali, con una sottolineatura sulla flessibilità, sulla capacità di affrontare situazioni impreviste e non pianificate e rispondere rapidamente agli eventi, con un’eccellente comunicazione e mobilitazione delle risorse per intervenire nei punti critici.

Tuttavia, vogliamo estendere la definizione, in modo da comprendere anche la capacità di scongiurare il disastro o il grave sconvolgimento, utilizzando queste stesse caratteristiche. La resilienza descrive quindi anche la caratteristica di gestire le attività dell’organizzazione per anticipare ed aggirare le minacce fin dal primissimo momento. Ciò si manifesta in particolare nella capacità di gestire forti pressioni e conflitti tra la sicurezza e gli obiettivi principali della produzione o delle prestazioni dell’intera organizzazione.

Le definizioni in base agli ambiti

In meccanica viene presa la definizione utilizzata in fisica e declinata in “proprietà di alcuni materiali di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione”.

Come detto gli eventi estremi degli ultimi decenni hanno spinto a trovare ulteriori definizioni in funzione degli usi e dei soggetti/oggetti sottoposti a situazioni di stress, tanto da interessare anche l’essere umano, in psicologia, infatti, la resilienza viene definita come la “capacità delle persone di far fronte ad eventi stressanti o traumatici, riorganizzando in maniera positiva la propria vita”.

In ambito ecologico come la “capacità degli ecosistemi di assorbire perturbazioni e disturbi senza cambiare in modo significativo la loro struttura”. La pressione a cui è stato sottoposto il mercato e il mondo economico/finanziario hanno portato in contesti organizzativo/aziendale ad approfondire il concetto di resilienza definendola come “l’abilità di reinventare dinamicamente modelli e strategie di business al fine di adattarli al cambiare delle circostanze”, e ancora nel sociale e contesto politico come la “capacità delle comunità di affrontare gli eventi calamitosi, superandoli ed uscendone addirittura rinforzate”.

Più precisa la definizione del British Standard Institute, dove viene definita come “l’abilità di un’organizzazione di anticipare, prepararsi, rispondere e adattarsi tanto a modificazioni incrementali quanto a improvvisi stravolgimenti al fine di sopravvivere e prosperare”.

Nel nostro campo di intervento, ossia quello ingegneristico, o più precisamente della Resilience Engineering (RE), la definizione è applicata in generale ai sistemi, ed è frutto del lavoro di ricerca dei già citati Hollnagel, Leveson e Woods, ed è intesa come “l’abilità intrinseca di un sistema di adattare il suo funzionamento prima, durante o dopo il verificarsi di cambiamenti, disturbi, in modo da portare avanti le operazioni richieste sia in condizioni attese che impreviste”.

Le ultime due definizioni, seppur con qualche sfumatura, sono sicuramente le più accurate e riportano tutte le caratteristiche che vedremo essere fondamentali per considerare un sistema resiliente.

In particolare, ci soffermeremo sulla capacità di adattamento che un sistema deve dimostrare nelle 3 fasi critiche: prima, durante e dopo.

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