Ingegneria della resilienza, il modello non lineare o sistemico

La variabilità alla base dei risultati

Modello non-lineare o modello sistemico

Resilience Engineering, Sistemi complessi

Ingegneria della resilienza, Resilience Engineering

Written by redazione

Alla luce di quanto analizzato fino ad ora, è facile constatare che le performance di un sistema complesso sono sempre variabili, sia per la variabilità dell’ambiente/contesto (variabilità esogena) che per la variabilità dei sottosistemi che lo costituiscono (variabilità endogena).

La variabilità endogena è in larga parte attribuibile alle persone che operano all’interno del sistema, siano esse singoli o gruppi. Ciò non significa che le performance umane siano sbagliate o cariche di errori a priori, anzi, la variabilità delle performance è necessaria se incontra un sistema cognitivo congiunto, dove il sistema uomo-macchina o più correttamente sistema socio-tecnico riesce a far fronte con successo alla complessità del mondo reale [1].

L’essenza del modello sistemico è ben rappresentata da quattro punti:

[1] Hollnagel & Woods, 2005

1. Le performance normali, così come i guasti, sono fenomeni emergenti. Nessuno dei due può quindi essere attribuito o spiegato facendo riferimento a malfunzionamenti di componenti o parti specifiche. La performance normale si discosta inoltre dalla performance normativa: non è quanto prescritto da regole e regolamenti, ma piuttosto ciò che avviene a seguito degli adeguamenti richiesti da un ambiente in parte imprevedibile. Tecnicamente la prestazione normale rappresenta l’equilibrio che riflette la regolarità dell’ambiente di lavoro.

2. I risultati dell’azione possono talvolta differire da quanto previsto, atteso o richiesto. Quando ciò accade è più spesso dovuto alla variabilità del contesto e delle condizioni piuttosto che al fallimento delle azioni (o al fallimento di componenti o funzioni). A livello di prestazioni umane individuali, l’ottimizzazione o l’adeguamento in loco è la norma piuttosto che l’eccezione, come dimostrano le numerose scorciatoie su cui le persone fanno affidamento nel loro lavoro.

3. L’adattabilità e la flessibilità del lavoro umano è la ragione della sua efficienza. Le azioni normali hanno successo perché le persone si adattano alle condizioni che hanno davanti, alle carenze o alle stranezze della tecnologia e ai cambiamenti prevedibili nelle risorse e nelle richieste. In particolare, le persone imparano rapidamente ad anticipare le variazioni ricorrenti; questo consente loro di essere proattivi, quindi di risparmiare il tempo altrimenti necessario per valutare una situazione.

4. L’adattabilità e la flessibilità del lavoro umano è, tuttavia, anche la ragione dei fallimenti che si verificano, sebbene sia raramente la causa di tali insuccessi. Le azioni e le risposte si basano quasi sempre su un’analisi limitata delle condizioni correnti, come un compromesso tra completezza ed efficienza. Tuttavia, poiché questo è il modo normale di agire, le azioni normali possono, per definizione, non essere sbagliate. I fallimenti si verificano quando questo aggiustamento va storto, ma sia le azioni che i principi di aggiustamento sono tecnicamente corretti.

Cosa é la
Safety-I

In innumerevoli situazioni, dalla quotidianità ospedaliera al lavoro nei cantieri edili, gli operatori agiscono in sicurezza perché sono in grado di adattare il proprio lavoro in modo adeguato rispetto alle condizioni presenti. Nei sistemi trattabili e ben progettati (come l’aviazione, l’industria mineraria e manifatturiera, ma anche la produzione farmaceutica), la necessità di adeguamenti è ridotta proprio a causa della maturità del settore. In molti casi c’è anche la possibilità di rinviare o ritardare le operazioni quando le circostanze diventano sfavorevoli, come nei casi in cui i voli vengono cancellati a causa del tempo, oppure l’intero sistema può spegnersi, come è successo in occasione dell’11 settembre 2001 e quando il vulcano islandese Eyjafjällajökull è eruttato nell’aprile/maggio 2010.

Credit rai.it

Invece di guardare solo ai pochi casi in cui le cose vanno male, dovremmo guardare ai molti casi in cui le cose vanno per il verso giusto e cercare di capire come e perché ciò avvenga.

La soluzione proposta dalla Safety-II a tutto questo è sorprendentemente semplice: invece di guardare solo ai pochi casi in cui le cose vanno male, dovremmo guardare ai molti casi in cui le cose vanno per il verso giusto e cercare di capire come e perché ciò avvenga. Dobbiamo riconoscere che le cose vanno bene perché i medici sono in grado di adattare il loro lavoro alle condizioni piuttosto che perché funzionano come immaginato. L’ingegneria della resilienza riconosce che i risultati accettabili e gli esiti negativi hanno una base comune, vale a dire gli aggiustamenti quotidiani delle prestazioni. Continua a leggere…

Linearità semplice o Five Domino Model

Il five domino model o modello della linearità semplice è stato pubblicato da Heinrich per la prima volta nel 1931 su “Industrial Accident Prevention: a scientific approch”. 

Con questo studio Heinrich ha sviluppato un modello di causalità sequenziale, secondo cui l’incidente è il risultato di una propagazione lineare di una catena di cause ed effetti. Con questo primo modello che ha impegnato Heinrich per quasi 30 anni, si è avuta una prima formulazione completa della teoria della sicurezza, basata su 10 assiomi per la sicurezza industriale.

Linearità complessa o Swiss Cheese

Il modello di linearità complessa, conosciuto come modello di Reason o del formaggio svizzero (Swiss Cheese Model – SCM), è stato presentato per la prima volta nel 1990 da James T. Reason. Secondo questo modello gli incidenti sono visti come il risultato di interrelazioni tra atti non sicuri compiuti da operatori e condizioni latenti, rappresentate da difese e protezioni deboli, che si presentano in real time, ossia in sequenza temporale utile affinchè le condizioni “negative” (minacce e vulnerabilità) abbiano ad incontrarsi causando l’incidente. Come mostrato in figura qui sotto, la traiettoria della minaccia incontra i buchi (che rappresentano le vulnerabilità/debolezze) dei vari livelli di protezione, causando l’incidente finale.

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