Ingegneria della resilienza e FRAM (functional resonance analysis method), una tazza di tea

FRAM: how to make a cup of milk tea

Casi di studio, FRAM, Resilience Engineering

Ingegneria della resilienza, Resilience Engineering

Written by redazione

Ancora un esempio semplice e in qualche modo “gustoso” per capire il funzionamento del metodo FRAM. Ce lo offre Mohammad Tishehzan, in un articolo che riprende alcuni passaggi del libro di Erik Hollnagel sul funzionamento del metodo.

La preparazione di una tazza di tè al latte, come qualsiasi altro processo, può essere dimostrata da FRAM. Le istruzioni per preparare il tè al latte possono essere descritte come segue:

  1. aggiungere acqua in un bollitore
  2. Fai bollire l’acqua
  3. Metti una bustina di tè in una tazza
  4. Versare l’acqua bollita nella tazza
  5. Attendi 3 minuti affinché il tè si prepari
  6. Rimuovere la bustina di tè
  7. Versare un goccio di latte
  8. Mescolare con un cucchiaio
  9. Bevi e divertiti

Ognuna di queste funzioni può avere molteplici aspetti e considerarli è essenziale per avere un processo di successo.

Ingegneria della resilienza e FRAM (functional resonance analysis method), una tazza di tea

Considerazioni

Esistono diversi modi alternativi per dimostrare questo processo. In un’analisi FRAM completa, è essenziale identificare tali modalità e indagare i loro effetti sul processo e sul risultato.

Queste applicazioni del metodo FRAM servono a spiegare con semplici esempi, la logica che governa i processi e i singoli step da seguire. Il nostro scopo è dimostrare che questo metodo è applicabile a qualsiasi situazione, processo, azienda o organizzazione. Così come cercheremo di fare nei prossimi casi che saranno trattati su questo sito.

Caso di studio: il tempo è tutto, FRAM per le partenze dei treni

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Il metodo FRAM e un buon piatto di pasta

In che modo l’ingegneria della resilienza, la metodologia FRAM e un piatto di pasta possono stare insieme in un articolo?

Dalla protezione alla resilienza

Anche nel migliore dei mondi che sia possibile immaginare, il futuro non è completamente prevedibile. È inevitabile che si verifichino eventi per i quali non siamo preparati, alcuni con esiti positivi e altri con esiti negativi.

Sebbene ci siano pochissime situazioni in cui le cose vanno male rispetto alle moltissime in cui le cose funzionano come ci si aspetta (1 su 10 mila) e dove i risultati sono quelli previsti – o almeno accettabili date le circostanze – i casi positivi tendono nel complesso a passare inosservati. Quando il risultato di un compito o di un’attività è accettabile, c’è poca motivazione a cercare il motivo per cui è stato così; è semplicemente dato per scontato – e addirittura considerato normale – che le cose vadano bene.

Al contrario, quando qualcosa va storto inizia una caccia incessante alla/e causa/e, al fine di garantire che un tale evento non si ripeta mai più.

Dalla protezione alla resilienza, Erik Hollnagel - Ingegneria della Resilienza

Linearità semplice o il Five Domino Model

Il five domino model o modello della linearità semplice è stato pubblicato da Heinrich per la prima volta nel 1931 su “Industrial Accident Prevention: a scientific approch”.

Con questo studio Heinrich ha sviluppato un modello di causalità sequenziale, secondo cui l’incidente è il risultato di una propagazione lineare di una catena di cause ed effetti. Con questo primo modello che ha impegnato Heinrich per quasi 30 anni, si è avuta una prima formulazione completa della teoria della sicurezza, basata su 10 assiomi per la sicurezza industriale.

Il primo assioma recita:

“Il verificarsi di un infortunio deriva invariabilmente da una sequenza completa di fattori, l’ultimo dei quali è l’incidente stesso. L’incidente a sua volta è invariabilmente causato o consentito direttamente dall’azione pericolosa di una persona e/o da un pericolo meccanico o fisico.”

Linearità complessa o Swiss Cheese

Il modello di linearità complessa, conosciuto come modello di Reason o del formaggio svizzero (Swiss Cheese Model – SCM), è stato presentato per la prima volta nel 1990 da James T. Reason. Secondo questo modello gli incidenti sono visti come il risultato di interrelazioni tra atti non sicuri compiuti da operatori e condizioni latenti, rappresentate da difese e protezioni deboli, che si presentano in real time, ossia in sequenza temporale utile affinchè le condizioni “negative” (minacce e vulnerabilità) abbiano ad incontrarsi causando l’incidente. 

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